Il mio sogno? trovare l'anima della corsa.. e della vita.

Sardinia Ultramarathon 2011


Sardinia Ultramarathon 60km - 5h03'21''





Ore 9 del 23 ottobre, meno di 24 ore dalla Corsa Verde: siamo pronti alla partenza. Lo speaker, e presidente Pietro Cadoni della CS Fiamma Macomer, inizia l'appello. Passa un po di tempo rispetto all'orario ufficiale dello sparo, ma le risate e le battute che ne scaturiscono, nonché l'applauso per ogni atleta che risponde al richiamo, scaccia i pensieri e aumenta il buonumore. Lo start sarà talmente atteso, dopo questa iniezione di fiducia, che si parte con il sorriso sulla bocca. Calcolavo, se mi andrà bene, arriverò tra le 14 e le 15.. sono appena le 9 e 15 e mi mancano 60 km tra i boschi (è probabile che la cifra esatta sia 57,6k secondo qualche fonte, non cambia il fatto che è una gara molto lunga e con le sue difficoltà), tra zone archeologiche, tra strisce tagliafuoco e sentieri. Partiamo subito con una salita, poche centinaia di metri in asfalto e passiamo subito al primo viottolo. La strada si fa subito più stretta e mentre si inizia a guardare per terra, in modo da evitare i piccoli ostacoli, i più forti iniziano a scomparire dietro i brevi rettilinei e gli arbusti sporgenti. Maya, il cane di Orrù, la vedo accompagnarci gaia nel suo andare e venire, anche lei presto scomparirà da qualche parte, felice e serena tra i podisti, nel suo fare l'elastico tra i runner avanzati e quelli più indietro, andrà ben presto in avanscoperta con il suo padrone. Inizio a concentrami sul passo e seguo chi ho davanti. Dopo un po raggiungiamo una zona con la visuale più ampia. Le gambe girano bene, in una discesa, sulla striscia tagliafuoco, mi riavvicino in modo notevole al primo gruppo. La polvere rossa che ricopre il suolo ricorda l'esperienza di un astronauta sul suolo lunare, ma in questo caso sembriamo i colonizzatori di Marte. Credo che se dovessi pensare di atterrare su questo pianeta, questo tratto di gara sarebbe esattamente parte di quello che mi aspetterei. Ogni tanto evito un canale, scavato presumibilmente dall'acqua, e ogni tanto sfioro qualche roccia affiorante, per il resto mi faccio trasportare dalla discesa e non capisco perché io vada così veloce. Mi diverto a sprofondare in quella sostanza finissima e creo dei buchi enormi, è così soffice che viene voglia di correrci dentro ancora più velocemente, non dà per niente fastidio ai muscoli, ti ammortizza molto bene, quindi decido di spingere un po di più. Dopo un breve tempo questo divertimento finisce e come passiamo su altri sentieri, più rigidi nella loro percorrenza, perdo nuovamente da chi ho davanti. Inizio a impostare un nuovo passo, più rilassante, faccio calare il mio lieve affanno che sento aumentare nei polmoni, una breve salita mi indica meglio che andatura tenere. E' ancora prestissimo, abbiamo fatto pochi km, eppure la gara sembra già nel vivo, meglio non farsi fregare. Arriviamo così ad una discesa ripidissima, quasi dove calarsi con attenzione, come composta di scalini sulla roccia sporca di terra, da non sottovalutare, ci si deve quasi fermare, qualche passo agile e siamo in basso. Saranno stati una decina di metri ma amplifica i distacchi. Cambia lo scenario, secondo me da qui in poi può essere considerata come "zona archeologica". Ora è il turno di un tratto semplice come pendenze ma con dei canaloni scavati probabilmente da un fuoristrada, deve aver trovato il suolo bagnato e ha lasciato impressi, nella terra assettata, i suoi segni. Devo ancora abituarmi a perdere meno tempo nel trovare la strada giusta ed a rendere più automatiche le mie scelte in base agli ostacoli del terreno. Quanti saranno? 3-4Km? Ancora non sono stati sufficienti ad imparare il terreno. Devo iniziare a pensare meno a dove mettere i piedi, devo essere più intuitivo. Fortunatamente arriviamo già al tratto di asfalto che ci porta verso i Betili di Tamuli, le tombe dei giganti e il nuraghe omonimo. Siamo verso il 4° km sicuramente. Con precisione quasi matematica, infatti, troverò il primo ristoro! Sembrava non dovesse arrivare e invece eccolo lì, ci indica che mancano 55km circa. AIUTO! Per la cronaca, ogni 5km ci sarà un punto di ristoro con dolci, succhi di frutta, acqua, coca cola e altro, nonché si aveva la possibilità di farsi portare il proprio rifornimento privato nella postazione preferita! Fantastico. Siamo arrivati quindi ad 1/6 del primo giro, cartello 5K/35K. Un dodicesimo della gara. Bevo, mangio un pezzo di banana e vado avanti. C'è un piccolo giro da fare dentro la zona archeologica, saranno 500 metri, per fortuna ancora non ho perso così tanto. Mentre inizio il piccolo giro i primissimi ancora non l'hanno concluso. Magra consolazione ma ottima motivazione. Esco dalla zona Tamuli, ripasso davanti al ristoro e mi viene in mente che non mi sono guardato in giro, ricordo solo il panorama distante, ho notato solo quelli che in lontananza arrivavano al ristoro posizionato più in basso e poi, poi ricordo sostanzialmente l'erba tra i piedi. Accidenti, non ho visto niente!! Ho perso un occasione di godermi il paesaggio!! Mah, pazienza, sbagli della concentrazione!! Torniamo indietro per la stessa strada, per quelli che saranno 2 km del tratto a bastone. Quindi per totali 4km tra andata e ritorno ti incroci con tutti i podisti che hai dietro e viceversa. Mi accorgo solo ora che quindi rifarò quella ripida discesa, stavolta in salita. La approccerò con tranquillità, con 2 o 3 passi veloci, per evitare troppi strappi, è peggio di una scalinata ripida, ma breve, mentre inizia la mia fatica lei finisce. Mio malgrado, però, inizio a perdere posizioni, subito dopo questo tratto infatti mi supera Olmo e la Mora. Olmo con il suo passo che sembra evidenziare la bassa gravità del paesaggio marziano attraversato prima, la Mora con il suo passo agile, una via di mezzo tra un felino e uno stambecco, con la velocità di uno scoiattolo. Tornando indietro su questa strada incrocio come dicevo, gli altri atleti, ci incoraggiamo. Nel frattempo chi avevo davanti sparisce. Sono passati solo 7km circa, si torna su una nuova parte del circuito, inesplorato fino ad ora. Inizia una lunga striscia tagliafuoco dal fondo abbastanza buono, compatto, con avvallamenti qui e là. Lontano vedo delle maglie, ma le gambe non girano tantissimo, anzi, tendo a difendermi ancora. Ben presto vengo anche raggiunto e superato da qualche altro. Al ristoro del 10°km inoltre me la prendo comoda e vengo raggiunto da almeno 4 atleti. Qualcuno lo sento molto affaticato e mi preoccupo un po, sono io che sbaglio o sono loro? Io non emetto nessun respiro, spesso corro con la bocca chiusa e le gambe sono solo un po' imballate, per ora non me la sento di aumentare. Sarà solo nella salita seguente che inizio a trovarmi più a mio agio. Infatti con il gruppetto riesco a tenere una buona andatura fino al 12° km, lì inizia una ripida salita in sterrato che mette molto in difficoltà. Se non bastasse, su in alto, si vede la sua fine, non proprio una visione d'aiuto. Lontano e piccolina si vede anche qualche macchia colorata di chi l'ha quasi finita! Il respiro dei miei compagni si fa più forte. Io salgo regolare e sembro molto più fresco. Non penso più che ci sia un problema e su qualcuno dei miei compagni d'avventura guadagno alcune decine di metri. Finalmente, giunti verso la cima, si arriva, dopo un breve sentiero, su una zona in asfalto. Riconosco lo spiazzo della parte bassa, zona in cui si passa davanti prima di giungere alla chiesa di Sant'Antonio. C'è da fare anche il breve pezzo di strada lastricata per arrivare al piazzale più in alto, e dato che ci siamo, ci fanno passare per i gradini del giorno prima così da prendere il piazzale da una zona ancora più in alto. Nel frattempo incrociamo chi ha già fatto il piccolo giro di boa di Sant'Antonio. Fuggitivi si inoltrano già per un sentiero laterale fatto anche il giorno prima, si dileguano nel bosco dopo essersi fermati al ristoro posto alcune decine di metri più in alto. Faccio con sollievo i gradini e sbuco dalle rocce, svolto a sinistra ed ecco lì il tavolo con le vivande e le bevande.Vedo da lontano mio padre che è salito fin lassù per fare un po di foto, poco prima avevo già riconosciuto la macchina in un punto predisposto per il parcheggio. Per fortuna sono ancora molto lucido. Cerco il mio zainetto, poco più di due ore prima l'avevo lasciato insieme al mio tasky all'ananas ed altri rifornimenti ad un responsabile che sarebbe salito al ristoro del 15°. Mi fermo e bevo quasi interamente il contenuto. Indeciso, controllo nuovamente il tavolo per vedere se c'è altro da mangiare di mio gradimento. Sul momento i dolci non mi attirano. Una ragazza mi chiede se voglio della torta, gli rispondo velocemente di no e ritorno a correre, con me prendo solo dei carboidrati dalla tasca principale del monospalla e li faccio sciogliere in bocca. Ho perso nuovamente delle posizioni, devo cercare almeno di difendere quei 15km successivi da altri atleti che mi raggiungono in men che non si dica e che mi sorpassano con una freschezza che sembra superiore alla mia. Non voglio più perdere, ora devo iniziare ad essere più concentrato! Devo fare una pausa al discorso e dire che in questi 3 ristori gli addetti si sono già dimostrati ampiamente gentili, spesso ci siamo scambiati anche brevi battute, spesso ti vedevano da lontano e ti chiedevano in anticipo cosa volevi, ti preparavano l'acqua, ti indicavano dove era quello che desideravi, ti versavano la coca cola, ti chiedevano se la gara era dura, ti informavano che davanti avevi qualcuno vicino. Io con piacere li ringraziavo per ogni cosa, già intravedere questo comportamento esemplare dava molta serenità e piacere nel proseguimento della corsa! Mi faceva proprio piacere arrivare all'oasi-ristoro. Una corsa a tappe nella seconda tappa! Torniamo al 3° ristoro della chiesa: dopo questa piccola sosta mi tuffo giù per la discesa tra i boschi che in seguito continuava per un bel sentiero leggermente sconnesso tra la fitta vegetazione. Davanti a me vedo chi mi aveva superato poco tempo prima ma non riesco ad avvicinarmi, anzi, nonostante un passo più deciso, perdo stranamente strada. Anche sul piano vedo allontanarsi chi ho davanti. In seguito attraversiamo anche la strada asfaltata che porta verso il paese di Scano di Montiferro e ci addentriamo in una altra parte del percorso, siamo oltre i 16-17km e l'istinto di svuotare la vescica mi porta a fermarmi per un po. Perdo un po di tempo ma sono stranamente tranquillo. La strada da percorrere mi sembra un po difficile, l'area è più aperta, nonostante il bosco a sinistra, i campi aperti e la visuale ampia sul lato destro sono più evidenti, dopo che si è fatta la discesa e una strada più intima comportano un impatto faticoso sulla mente. Così prendo anche questa parte con cautela, brevi salite abbastanza difficili da interpretare mi fanno faticare leggermente. Inizio a fare tira e molla con un altro atleta che mi ha raggiunto. Più avanti la strada si appiattisce ma peggiora il terreno. Ne risulta un'altra parte faticosa, nel momento in cui i demoni si affacciano, vedo il ristoro. Mi fermo, bevo, mangio e riparto. Mi riporto sull'atleta e lo supero così come avevo fatto dopo che avevo finito di fare pipì. Non è mia intenzione staccarlo, anzi, continuo del mio passo. Raggiungerlo e distanziarlo però mi infonde fiducia. Più avanti non lo vedrò più. Inizia un bel pezzo di discesa tra i boschi, secondo me la parte più bella della Sardinia Ultramarathon. Sono quasi 2 km in una striscia taglia fuoco dal suolo compatto, ricco di muschio ed erba, qualche pianta un po più grandetta qui e là. Il tutto è all'ombra, una vegetazione da fiaba sulla sinistra, ancora più selvaggia di quella già vista. Mi viene una tentazione forte di entrarci dentro per scoprire i misteri nascosti tra quei alberi, vedere che cosa si nasconde. Per un po corro guardando se riesco a percepire qualche creatura fantastica, sono sereno, vorrei che questa parte non finisca più. Riesco anche a correre meglio ed evitare, come in un gioco, gli eventuali avvallamenti, i rami e fossi che trovo di tanto in tanto. Sempre con ottima attenzione arrivo alla fine di questo contesto con sufficiente facilità. Tornare sul piano, invece, mi fa tornare della stanchezza. Poco prima di arrivare alla mezza maratona si attraversa un bosco più aperto e luminoso, si passa dentro. Qui sarebbe il luogo ideale per un pic nic. Nel frattempo, sulla mia destra, passano 2 ciclisti sulla bici da cronometro. Oltre gli arbusti e gli alberi c'è una strada che inizio a fiancheggiare. Sarebbe veramente bello stare seduti su un sasso per vederli passare, magari con buona compagnia e qualcosa da sgranocchiare. Respirare l'aria pulita e passare un po di tempo. Invece continuo, la strada S.P. 43 che porta a San Leonardo si attraversa subito dopo e ci si inoltra in un altra parte del percorso. All'inizio lo scenario è simile ma dopo un breve tratto all'ombra degli alberi si svolta a sinistra, l'ambiente inizia ad aprirsi e in breve è come trovarsi sulla cima del percorso, così non è, il tratto più alto era in corrispondenza della chiesa. In realtà siamo all'inizio di un altra forte discesa, molto tecnica, dove far andare le gambe ed evitare terra, sassi, buchi e rami. C'è di tutto e se ci si lascia troppo incantare dalla vista che spazia lontana ci si può far male. Bisogna sempre guardare dove si mettono i piedi. Ad un certo punto, davanti a sè, si trova anche una breve salita molto ripida, naturalmente siamo sempre in mezzo al terreno che sembra sconquassato da un grosso aratro, alle volte da anche l'idea che lo abbiano usato come zona per testare piccoli esplosivi. Descrivere il suolo è difficile. In certi punti si affonda, in altri difficilmente si riesce ad andare avanti e non si capisce quale sia la strada migliore da prendere per evitare gli ostacoli. Se si sceglie un punto meno pendente ci si ritrova con difficoltà maggiori di appoggio. Alle volte bisogna allungare la strada per non entrare dentro l'ostacolo, bisogna necessariamente girarci attorno, l'alternativa sarebbe quella di faticare di più. Bene o male la corsa lungo questa mezza costa ci porta tra mille problemi fino al rifornimento del 25°, in questo punto si vede uno spaventoso cartello con la scritta 55°km! Non lo guardo troppo e bevo, mangio. Subito dopo si scende, una curva a sinistra e si entra in un sentiero piatto, dal suolo più compatto, infido, ti fa venire voglia di fermarti, è rilassante e stancante allo stesso tempo. Ci si trova in mezzo ad una pineta che lascia strada ben presto ad altra vegetazione mista. Ritornare a non vedere oltre i 50 metri mi mette a disagio. Intorno c'è solo vegetazione. Il sentiero tende a salire, le gambe si fanno pesanti. Questo punto per me è il più difficile. Iniziano tante domande: chi me lo fa fare?, riesco ad arrivare in queste condizioni? Come faccio a fare la salita per arrivare alla fine del primo giro e poi a fare altri 30km? è meglio ritirarmi? E' già tanto quello che ho fatto? Sto rallentando!?, aspetto quelli che ci sono dietro se dovessi trovarmi in difficoltà ancora maggiori..?! etc, etc. La parte più bassa di questo anello è anche quella che moralmente ti manda più giù. Eppure arrivo ad una nuova strada asfaltata, sono a circa 26km dal via. Attraverso la strada che porta a Macomer e si entra per la via che conduce alla colonia, dove c'è il luogo di ritrovo. L'asfalto è come catrame morbido. Mi sento lentissimo, senza una risposta rigida al mio passo. E' proprio qui che ho avuto le sensazioni peggiori. Dopo poco si gira a sinistra e si sale, manca ancora un breve tratto per arrivare al termine della prima tornata. Sono circa 2 km in sterrato, la prima parte più pendente. Qui inizio a pensare a delle soluzioni alternative, posso arrivare almeno al 45°, posso continuare, vedo come sto al 35°. Salire mi fa tornare il morale, la convinzione, fare questa salita è come se mi infondesse nuova linfa, mi ci trovo meglio. Nel frattempo, davanti a me, vedo una delle prime donne, lungo la salita le ritorno sotto, è sempre più vicina, è la Correale. Mi rendo conto che non sto andando piano, ascolto la mia andatura, rispetto a pochi km prima è tornata abbastanza buona. Lei non è scoppiata, anche se forse è un po in difficoltà, averla recuperata mi dà ottime informazioni sulla mia condotta di gara precedente. Prima neanche la vedevo in lontananza. Il rifornimento del 30°k da all'ottimismo un valore aggiunto, siamo anche alla fine del primo giro. Da lontano mi riconoscono e urlano il mio nome: è Davide Ribichesu. La gente inizia a urlare, a fare il tifo, ad incitarti. E' bellissimo. E' un emozione unica. Cambia tutto! Mi passa per la mente una frase: e come faccio adesso a ritirarmi, a pensare di non finire questa gara, come posso solo averlo pensato!!. Non ho più le gambe pesanti, non sento più niente. Non mi fermo. Anzi, mi fermo solo per mangiare, rilassato, tranquillo, perdo solo più tempo del previsto a cercare mia madre o mio padre per lasciarli i guanti. Mi mangio un altro pezzo di banana. Rivolgendomi all'addetta al rifornimento, gli chiedo se posso lasciare i guanti sul tavolo, mi risponde: si. Mi ritrovo in un istante lungo la stessa salita fatta dopo il via. Lontano vedo un atleta, lo acchiappo! Poco prima di rientrare per la strada sterrata vedo mio padre, durante quest'ora è risceso a fare foto delle foto anche qui, mi tolgo l'orologio e glielo porgo. Al contrario della Pistoia-Abetone, questo non è un segno di resa, è un segno di ripartenza. Mi metto all'inseguimento della seconda delle donne, che mi aveva nuovamente distanziato, e di una altro atleta che era insieme a lei. All'inizio sono titubante, dopo poche centinaia di metri, più spavaldo. Quando arrivo nel bel mezzo della zona con l'alta polvere rossa lungo la discesa li sorpasso e li stacco. Ora l'obiettivo è raggiungere Tamuli. Entro nella lunga zona dove si incrociano i podisti e vedo quasi subito il terzo, gli urlo: Dai Enzo, bravissimo! Calcaterra e Salaris quindi sono già passati, forse Filippo era quella maglia che mi sembrava di aver percepito mentre arrivavo all'inizio del tratto a bastone. Caspita hanno tutta questa strada davanti a me, praticamente più di 4km!! Più avanti vedrò Olmo, la Mora, via via tutti gli altri lungo questi 4000 metri. Prima tutti quelli davanti a me e poi tutti gli altri dietro, lungo il ritorno mi faranno compagnia. Sono tutti bravissimi!! Quando riesco scambio qualche sorriso, un cenno, in particolare ricordo il sorriso di Silvio. Tornando un attimo indietro con i ricordi mi viene ora in mente la scena buffa che ho vissuto. Arrivo al rifornimento e mangio, bevo. Prima di partire un signore dell'organizzazione mi chiede se voglio dell'acqua appena ripasso, da bere dopo il piccolo giro di boa. Gli rispondo di si. Ripasso e prendo un bicchiere al volo mentre, subito dopo, mi porgevano una bottiglietta. Al volo faccio un opppsss e li saluto. La nuova linfa mi ha messo quasi fretta, non aver visto subito qualcuno con una bottiglia in mano mi ha fatto agire di anticipo. Torno sull'asfalto e, come dicevo, di tanto in tanto si vede un podista, tra loro sono molto più distanziati, la gara inizia a diventare più solitaria, più spirito trail. Questi chilometri saranno gli ultimi dove vedrò così tante persone. Si rientra presto nel percorso sterrato e affronto il piccolo muro dove mi avevano superato al primo giro Olmo e la Mora. Lo faccio anche meglio e aumento l'andatura nel seguente sentiero che si imbocca. Arrivo alla fine del percorso in cui potevo incrociare gli altri, ho la conferma che ci sono stati dei ritiri. Di quelli che avevo davanti almeno 4 si sono fermati. Sulla destra degli uomini che sorvegliano il punto allestiscono un fuoco, spero non vogliano cucinarsi un porcetto perchè in questo caso mi stò fermando! Non sembrano pronti, chissà che vogliono fare, probabilmente ci vorrà del tempo, tanto vale continuare a correre e fantasticare. In fondo al percorso a me visibile vedo qualcuno, accelero lievemente e seguo chi ho davanti, stò recuperando su un podista! Arrivo così al rifornimento del 40°km. Mi dicono che sono il 12°. Mi sembra un po strano, ma effettivamente davanti non avevo moltissimi podisti. Chiedo conferma se qui siamo al 40°, mi dicono che dovrebbe essere circa il chilometro 41, 5. Li rispondo: ah meglio così! Mi dicono: dai che sono vicini! Con tranquillità, quasi volessi rimanere ancora un po a chiacchierare li rispondo: li ho visti! Avevo già percepito che forse ne avrei potuto raggiungere qualcuno. Bevo un bicchiere di coca cola e, nel salutarli, in tono quasi come per affermare, ora devo proprio andare, concludo: questa deve bastarmi fino alla chiesa! Riparto abbastanza agile, corro meglio del giro precedente, sono più veloce e meno affaticato. Penso: sono solo 18km. Arrivo alla salita più difficile che bisogna scalare per giungere alla chiesa, vedo il muro su in alto, non mi fa paura come qualche ora prima. Una maglia è già in alto, la vedo lenta. Nel frattempo riprendo un ragazzo lungo il pendio, mentre lo supero lui cammina, mi fa una battuta, mi chiede: ma è salita questa? Gli rispondo: si, ed è pure dura. Vado avanti, ormai l'ostacolo più grosso è superato. Poco prima di sbucare verso la strada asfaltata che porta al ristoro della chiesa un uomo dell'organizzazione mi dice: dai, forza! sei a 37' da Calcaterra. Sorrido, nella sua voce non c'era una battuta, mi stava veramente incoraggiando! In quel momento non era un grosso distacco, ma era anche qualcosa di enorme, dipendeva da che punto di vista lo si vedeva quel numero da vecchia sveglia. Arrivo ben presto agli scalini prima della chiesa. Li faccio meglio del primo giro, giungo al ristoro. Riconosco l'altra maglia che era davanti a me. E' ferma al ristoro. Riparte prima di me. E' Italo Orrù. Mi fa uno strano effetto, non nascondo che trovarlo lì mi entusiasma, come minimo il pensiero che ne segue è: non sto andando così male! Lui riparte seguito da Maya. Io bevo, mangio un pezzo di dolce e riparto. A grandi passi faccio la discesa in lastricato di pietra, raggiungo in un attimo chi avevo davanti, lo supero e lo stacco. Italo mi dice al volo: Vai, che io sto andando di conserva (o qualcosa di simile)! Non mi ricordo se gli abbia risposto qualcosa ma mi ha fatto un grande piacere, userò quella sua frase come motivazione in più. Mi butto per la discesa in mezzo ai boschi, vedo Maya, mi viene da dirle, come sempre: Brava Maya! Con una velocità che non avevo neanche nel primo giro della 21km del giorno prima in breve arrivo alla fine della zona alberata e segnalata da nastri rossi e bianchi. Vedo Signor Dettori che mi fa un immenso: Bravo Davide! Sento le gambe andare veramente bene e mi lascio un attimo prendere dal benessere di quel momento e forzerò in discesa. Non voglio più che chi è dietro mi riprenda. Vado avanti, e avanti, ogni tanto mi sembra strano correre così bene, ormai saranno quasi 50km di gara. Sento dei passi dietro di me, ma sono solo gli echi dei miei. Non so bene in che momento e in quale km ma davanti a me inizio a percepire altri 3 corridori, mi avvicino in modo evidente, mi accorgo, in particolare, che fanno parte di quel gruppo che mi aveva staccato dal 15°km in poi. Uno è in difficoltà e viene superato dagli altri due. Sarà proprio poco prima del rifornimento del 50° km che in poco meno di 2 km li riprendo, li supero e li stacco. Dovrei essere 7°. In seguito capirò che quel 12° posto era riferito alla esatta posizione maschile. Al 50° però arriva qualcuno da dietro, è fresco, non l'ho mai superato e visto durante la gara, ma va veramente forte. Dopo aver bevuto un po cerco di rimanergli vicino. Ha un passo molto migliore del mio. Ormai mancano solo 10km e molta discesa, penso che forse potrei provare a difendermi da questo atleta che stà svolgendo un ottimo finale di gara. Spero che nella discesa vada più lento. Niente da fare, sarò io quello che aumenterà il passo per tenerlo vicino. Mi trastullo con l'idea di riuscire a seguirlo e arrivare con lui in una volata. Penso che magari in salita ne possa avere di meno. Niente da fare. In discesa, e sopratutto lungo le zone più impervie, va più forte di me! E' agile. Passiamo lungo gli splendidi paesaggi di cui si può godere dopo il 50°. Arriviamo fino al 55°, proprio quando inizio a perderlo di vista lo rivedo partire dal ristoro. Credo che si volti, che mi veda arrivare, parte deciso e sicuro, con spinta. Sarebbe ancora vicino, forse 100 metri, potrei ancora avere una possibilità di riprenderlo lungo la salita finale, passare dritto al ristoro e sfruttare quel vantaggio. Le energie, però, iniziano a mancare, non sono più pimpante come nei precedenti 20km. Lascio perdere e mi fermo a bere. Riparto. Mancano 5km, me lo ripeto in testa. Devo arrivare. E' questo l'importante. Inoltre ci sono 3 atleti dietro, meglio amministrare le energie per contrastare un loro eventuale ritorno. Gli addetti del ristoro mi hanno confermato che l'arrivo non è alla chiesa. Avevo ascoltato qualcuno che avevo sorpassato, discuteva, spiegava che l'arrivo sarebbe dovuto essere alla chiesa, mi sembrava strano, potevo benissimo aver capito male... o era vero? Era lui che sbagliava? Dopo più di 50km certi dubbi danno qualche brutto pensiero. Seguire l'atleta lì davanti aveva portato a termine le mie energie. Tutto volevo fare tranne quei km non previsti. Oltre lo sterrato in salita per la colonia avrei dovuto girare a sinistra e fare altri km in asfalto, sul momento non era proprio di mio gradimento. Volevo togliermi dalla mente questo dubbio. Come nel giro precedente il passaggio ad un ambiente diverso mi fa calare le forze e le energie. Soffro abbastanza con la testa ma ormai sono in vista della strada. Vedo le due signore del giorno prima, quelle che al traguardo mi avevano incitato ed io le avevo risposto che dovevo andare piano. Chiedo a loro se bisogna arrivare alla chiesa o se l'arrivo fosse sempre in prossimità del passaggio finale. Mi dicono che è dove c'è la colonia, quindi leggermente più giù, in pratica dove siamo partiti. Quindi dovrò, male male andando, girare a destra e scendere?, oppure l'arco verrà messo sul punto di passaggio? Spero ancora di non dover prendere la salita in asfalto per arrivare alla chiesa di Sant'Antonio, quella dalla parte opposta a quella della salita in sterrato usata per salirci 15 e 45km prima. La stanchezza inizia a non farmi pensare lucidamente. Sapevo benissimo come era fatto il percorso, ma ora non voglio sorprese, quelle sorprese che in realtà non esistono. Ho appena passato la strada e sono tornato sulla strada per la colonia. Le gambe sono pesanti ma leggermente meglio del giro prima. O forse no? No, invece sono più deboli. Appena prendero il tratto sconesso me ne renderò subito conto. Devo continuare a spingere. Spero che l'ultima salita in sterrato vada bene come 30km prima. Senza soste e senza cali ulteriori. Un signore dell'organizzazione mi dice che manca un km e mezzo. Sorrido dentro di me, inizio a salire, non voglio girarmi, le cose non sono proprio tutte rose e fiori ma il passo è discreto. Percepisco che dietro non c'è nessuno, ormai il pendio si alleggerisce e accelero, accelero. In questo momento non credo che chiunque mi possa raggiungere riesca ad averla vinta facilmente. Siamo tutti stanchi. Da dietro non arriva nessuno. Non ho l'occasione per testare quella ultima fiamma di vitalità che mi torna. Da lontano vedo delle persone, sono meno del giro prima. Le altre sono al traguardo. Mi incitano da lontano come la precedente volta, le raggiungo, mi sento leggero, si svolta a destra. C'è da fare la strada della partenza, ora è in discesa, 5 ore prima l'abbiamo fatta in salita. Mancano sicuramente poche centinaia di metri. Vedo mia madre e le chiedo quanto manca, lei mi dice: E' lì. Dopo pochi passi vedo leggermente più giù il gonfiabile. Sulla mia decisa accelerazione, accelero ancora, di più, e di più, e di più! Sto volando, è uno sfogo! A poche decine di metri decido di non accelerare ulteriormente. Forse sto già sfiorando i 3- 3'10''/km, non saprei bene, ma andavo veramente veloce! Mi fermo qualche decina di metri oltre l'arrivo per smorzare la velocità. Ho il viso con sopra una maschera, come se avessi finito una guerra ma con ancora energie che uscirebbero fuori all'occorrenza, se dovessi continuare a combattere. Ma ormai è finita, mi posso abbandonare. Mio padre mi fa una foto, saranno passati pochi secondi dall'arrivo.Sono fiero di me, di aver corso bene, di aver fatto una bellissima gara. Ricevere i complimenti di amici e di altri corridori, dell'organizzazione, del Promoter IUTA Carlo Fenu, dà una soddisfazione immensa, sopratutto quando il morale è alto e d'accordo (non sempre dentro se stessi si è sempre soddisfatti della prestazione ottenuta). Scendendo verso la colonia, dove era parcheggiata la nostra macchina, devo dire la verità, mi sento un po emozionato, un po le lacrime avrebbero anche voglia di uscire, di sfogare questa cosa nuova per me, mai fatta prima, forse è la sensazione che ha il corpo quando si rilassa dopo tanto lavoro fisico. E' una grande sensazione, me la tengo dentro. Quanta serenità ne deriva in seguito, anche tanti pensieri, sopratutto: cosa fare?, continuare con questo tipo di gare o deviare verso altre? Sicuramente la corsa lunga di resistenza richiede molto in cambio ma dà tanto, tantissimo! Alla fine saprò altre belle cose: Arriverò 9° assoluto, 8° degli uomini, quello che mi ha sorpassato e che si è involato via negli ultimi km era il 5° uomo, arriverà con Cecilia Mora 3' e 35'' davanti a me. Di questa cosa sono molto contento perché il quinto posto ero molto vicino. Davanti c'era solo un vuoto, per me incolmabile, con Olmo in quarta posizione che chiude in 4h45'55 contro il mio 5h 03'21''. Calcaterra, invece, è vincente con 4h21'44''. Salaris e Tanca subito dietro di lui. Quanto ancora c'è da fare! Per completare i dati che mi rendono molto molto contento devo dire che sarò anche 8° nella combinata 21k della Corsa Verde + 60k e 3° dei sardi nel campionato regionale IUTA della 60km. Secondo di categoria nella 60 e primo nella combinata. Oltre questi numeri, che per me sono stati ottimi, c'è però ciò che mi ha lasciato questa giornata... in breve: queste gare sono strane, ti mancano.

giovedì 27 ottobre 2011


Corsa verde 2011 21k 1h35'01''



Sono molto molto molto molto molto contento della mia scelta di esser andato a partecipare alla Sardinia Ultramarathon! La prima tappa è stata qualcosa di stupendo! Mentre inizio a scrivere le prime impressioni (ore 17 e 39 di sabato sera) sento ancora il mega pranzo in pancia!! ma questa è solo la conclusione! Al ritrovo delle 9 arriviamo a Macomer e già si vedono le bandierine arancioni che ci guidano presso la Colonia ECA a Monte Sant'Antonio. Qualche km e arriviamo subito. Dei gentilissimi signori dell'organizzazione ci indicano anche il vasto parcheggio realizzato vicino al luogo di ritrovo e partenza. La struttura, invece, è a pochi passi di distanza ed è attrezzata e resa fruibile per fare docce, per i bagni ed etc. Ritiro quindi il pettorale e mi trovo subito a mio agio. Mi sento un po frenetico, l'ambiente mi piace molto e vedere la gioia dei podisti, la loro voglia di essere in quel posto e correre, mi elettrizza ancor di più. La giornata inoltre è perfetta. Un po di aria frizzante, fresca e pura anima ancora di più il buon umore. Tra i tanti amici noti, che ringrazio sempre per i loro saluti, i loro sorrisi e i complimenti su alcuni post del blog, si notano subito i visi di alcuni nuovi volti: subito riconosco Calcaterra, sembra un nuovo iscritto alla Fidal Sardegna, tanta è la sua spensieratezza, in parte titubante, sul da farsi. E' come qualcuno che ha appena iniziato a correre e che farà quel che potrà, pensando a cosa sarebbe meglio, ma senza mettersi pensieri negativi. Alla fine vincerà ^_^. Il suo sorriso quando incontra gli occhi della gente incanta, uomo di grande spessore sportivo e di anni e anni di corse, nasconde dietro i suoi sguardi una ricchezza inestimabile. Lui e la Correale sono proprio un bel quadretto.. sicuramente una luce negli occhi li accomuna. Bisogna guardarli, per capire di che parlo. Olmo, invece, è un vero e proprio uomo-corsa. Mi spiego meglio: se dovessi descrivere una persona votata al correre, sarebbe lui! Alto, magro, scavato dai km e dai paesaggi attraversati con i km. Dal fisico che sembra un fusto d'albero ma dalla pelle e dall'aspetto che ricorda il deserto. Sicuramente ricorda più il deserto che il Monte Bianco!!, ogni suo aspetto (e lo è) sembra adattato agli ambienti ostili. La sua corsa, elastica e ammortizzata, sembra rispettare il terreno su cui spinge i suoi piedi. E' un uomo a cui si deve molto rispetto e che secondo me, quando se ne acquista la fiducia, può regalarti ore e ore di pensieri, riflessioni e storie. Al contrario, Italo Orrù è invece un chiacchierone ed estroverso fin dal primo momento che lo si incontra, nel vero senso della parola: questo è un vero e proprio complimento che gli faccio. E' un uomo dal grande spirito, con una visione della corsa che esce dai consueti schemi. Ama sicuramente la natura, il viaggio, la scoperta.. le persone. Devo ancora capire come ha fatto a digerire i 5000 e passa km della LA-NY, straordinaria avventura che sembra non l'abbia minimamente toccato, anzi, anche se non lo conosco, penso che lo abbia reso ancora più dedito alla sua corsa e a quello che rappresenta. La sua cagnetta Maya, poi, è dolcissima, una vera super ultramaratoneta che ci accompagnerà per i 21km.. ma sa fare ben altro e molto di più. Anche la moglie di Italo è troppo simpatica, le devo 100 euro :)! Forse nelle descrizioni mi potrei sbagliare ma dietro questo tipo di atleti posso sicuramente intravedere con certezza il mondo che ho sempre sognato, i desideri che forse potrò realizzare. Altri grandi interpreti esterni alla nostra Sardegna erano presenti, tra i tanti ho riconosciuto anche Cecilia Mora, l'argento del Mondiale Ultratrail di Connemara. E' una donna incredibile! Ma questo è solo una parte di quello che si percepiva. La gioia dei tanti amici sardi, la soddisfazione per una gara che si preannuncia come un ottimo successo, le battute, il timore dei 60km del giorno dopo, i complimenti reciproci e tutte le altre sfumature dei podisti sardi sono sempre una buona fonte di ricarica per tutte le altre attività della vita quotidiana e descriverle tutte e nominare tutti sarebbe impossibile, dimenticherei sicuramente qualcuno, cosa che non vorrei. Ma passiamo alla gara: Io parto molto tranquillo, davanti tutti vanno via ed io rimango ben presto a metà gara, subito dopo dei dintorni della parte avanzata della corsa che segue i primi super atleti. Ci sono da fare due giri identici che partono in discesa, per poi risalire ben presto passando dall'asfalto allo sterrato. Parte di strada la conosco, l'avevo fatta anche alla corsa verde del 2009. Si sale, il terreno del sentiero composto di ghiaia, terra battuta ed erba inizia a farsi sentire. Tengo sotto controllo il respiro e lascio perdere i dolori che mi vengono alla gamba destra: so che scompariranno. Non ho fatto riscaldamento per una mia particolare scelta e dopo il riposo della settimana appena passata credo sia normale avvertire dei fastidi. Ogni tanto metto il piede male e i muscoli tirano. Devo stare più attento. Tra i tanti ostacoli arriverò fino alla chiesa, alla fine del primo giro e il secondo, come dirò più avanti, sarà più semplice. Boschi fatati dall'ombra mattutina e dai misteriosi giochi di luce mi stancano un po la vista e nonostante le frecce per terra di color arancione, il nastro bianco e rosso a petto d'uomo, lo staff dell'organizzazione che indica la strada giusta da prendere, ho avuto un senso di smarrimento dovuto a tutto quel verde e alla mancanza degli occhiali. Ma non ho mai avuto paura di perdermi, nonostante qualche pezzo di corsa solitaria in mezzo al verde a 360°, anzi, mi sentivo al sicuro in ogni momento. Arrivo ad una discesa in sterrato che ci accompagna verso la chiesa di Sant'Antonio. Prima di arrivare, però, bisogna passare attraverso un altra salita molto infida, che nonostante il mio passo più tranquillo mi mette in affanno. Inizio a pensare di mollare ancora un altro po la velocità, ma finisce d'improvviso dopo un ultima disperata pendenza che non mi dà minimamente il pensiero di camminare, nonostante la sua tenacia. Mi trovo davanti a degli scalini, li avevo visti solo in foto, avevo pensato che avrei dovuto tenermi le gambe, invece mi sembrano fin troppo facili, recupero dal movimento fastidioso della salita in sterrato, ringrazio la scala per quelle decine di gradini molto graditi e vado avanti. Davanti alla chiesa inizia la discesa, saranno almeno 4 o 5 km in asfalto tra il tratto per arrivare all'arco di arrivo e il tratto che dopo il secondo giro ci porta nel punto più basso, per poi risalire e portarci nuovamente verso la chiesa.Il secondo giro lo farò un po meglio, i dolori son passati, e provo ad accelerare leggermente nella prima discesa in sterrato prima di risalire nel secondo pezzo della salita per Sant'Antonio. Durante questi sentieri troverò anche Mauro con tutti gli appassionati del Nordic Walking. Che vista rilassante e rincuorante. Mi sentivo così bene, vedere quanto eri più veloce di loro che camminavano era un ottima cosa, capivi che non eri fermo. Inoltre tutte quelle persone e bambini tiravano su l'umore, condividevano con tè quel paesaggio così selvaggio, quel sentiero isolato e stretto nel verde. Quella loro calma e gioia, l'ho presa e portata con me. Ritornare a inseguire in solitaria, ad essere padrone del tuo percorso ora sembrava ancor più bello. Le foglie questa volta non mi ostacolano con i loro tranelli, i sassi nascosti mi danno meno problemi, mi vengono pure i dubbi di star andando un po troppo veloce. Continuo così e arrivo alla seconda salita, la più dura. Mi mette in leggera difficoltà, non c'è verso di farla tranquillamente, passa anche questa e salgo i gradini, che trovo sempre semplici rispetto al piano inclinato. Si ritorna sull'asfalto. Qualcuno mi supera e si allontana velocemente. Sto perdendo tantissimo ma continuo con il mio passo leggero e senza mai usare l'altra falcata. Ho paura di rovinarmi le gambe e questa volta ho fatto una promessa a me stesso: devo fare da bravo e fare le gare senza le pazzie che ogni tanto mi diverto a improvvisare. Concludo senza nessuna accelerazione fino all'ultimo metro. Mi incitano pure, io rispondo che tanto oggi devo andare piano. Riceverò una simpatica ramanzina, è stata una scena veramente buffa. Se non sbaglio poi si è dibattuto sul fatto di come non mi scomponessi neanche di un pochino durante gli ultimi metri, senza nessun accenno di accelerazione per gustarmi il traguardo.Nel frattempo, però, le gambe si sono fatte pesanti e leggermente indolenzite e le mani iniziano ad essere fredde, inizio a riflettere su questo problema in previsione del giorno dopo. Spero di non essere andato troppo veloce. Sono sempre 1h35'50'' (la classifica mi dirà 1h35'01'') e la distanza, a detta del garmin è leggermente inferiore. Forse 20,6k. Sono andato come dovevo, ma il percorso mi ha dato più difficoltà di quello che pensavo. Volevo arrivare ancora con meno problemi, purtroppo devo tornare a casa con degli indolenzimenti che mi renderanno la serata e la nottata non molto tranquilla. Eppure la chiacchierata finale con Salaris, mente lui defaticava ed io finivo la mia gara, dimostra che ero totalmente lucido e con il fiato integro. Speravo che il giorno dopo andasse meglio. La gara infatti mi ha rimesso in moto le gambe e dovrebbero poter recuperare quasi totalmente in quelle poche ore che mi separano dalla 60K. Dopo le belle premiazioni, con buoni premi, si mangia abbondantemente. Sarà un ottimo pranzo! Di più proprio non si poteva chiedere!!!!!!La sera torno a casa, i muscoli si fanno sentire, la parte sinistra del ginocchio pure, la parte bassa della gamba destra risente di quella mezza scivolata proprio nei primi km. Eppure riesco a tenermi positivo, penso alle strategie del ciclismo che ho usato nelle ultime 3 settimane per allenarmi, devo essere fiducioso per il giorno dopo. Mi sembra strano aver sbagliato. La notte passa, è strana, mi sveglio più volte durante il cuore delle ore notturne, muovo le gambe e sento tutti quei fastidiosi doloretti. Non so come farò a coprire quella distanza. Mi ricordo sempre quello che penso a riguardo del podismo: la corsa rompe, la corsa cura. Mi riaddormento: faccio dei sogni che sono un po angoscianti, mi ritrovo in mezzo al bosco subito dopo la chiesa. Ho la visione un po sfuocata, un po di paura e sento il sapore della distanza, come impotente ne sento il timore, relegato in mezzo a quegli alberi, senza via di uscita. Mi sveglio con un sentimento strano, come dire: i dolori articolari aumenteranno?, forse! Riuscirò a fare quei km? Se non ci riuscirò non mi importa, so anche camminare, male che vada aspetto chiunque ci sia dietro di me. In ogni caso so che oggi dovrei stare meglio. Spesso, il solo muoversi ha migliorato di tanto le condizioni. Io ci voglio essere, non andare a questa 60 km sarebbe come buttare via un anno. Io vado! Voglio vedere quel paesaggio!! Dal momento in cui mi sveglio i timori sono piano piano spariti, l'incubo è diventato un posto in cui tornare e capire che c'era da vedere e cercare più a fondo, perché lo sognavo, il perché di quella zona alberata. Mentre mi dicevo che in quelle condizioni fisiche poteva succedere di tutto, che arrivare sarebbe stato in ogni caso difficile, mi davo forza. Scendere dalla macchina e sentire quell'aria fresca mi aveva già curato. Volevo solo partire!



P.S. Ho incontrato Olmo, quel signore che ha influito sui miei sogni di ragazzo, quel signore per cui ho iniziato anche a correre. Le sue corse sono state un grosso contributo nella direzione delle mie scelte. La Marathon des Sables ormai non sò se abbia ancora lo stesso significato nel mio futuro, se è la stessa cosa che mi immaginavo da ragazzino, se sarà importante come mi aspettavo tanti anni fà, se la farò ...una cosa è certa: 3 anni di corsa non sono trascurabili ed hanno portato a delle modifiche, grazie anche a lui ho scoperto la corsa e un piccolissimo assaggio delle lunghe distanze...

sabato 21 maggio 2011


Abetone e Sant'Antonio di Macomer: le due ultra di quest'anno.




Incentivo, obiettivo, normale prosecuzione o nuova sfida? Che cosa cerco proprio non lo so. Manca molto, troppo poco al nuovo appuntamento con le piramidi e la preoccupazione di subire una nuova debacle si fa sempre più largo. In questo periodo non sto bene e come se non bastasse, la settimana è stata appesantita da una sorta di mal di gola che non mi fa respirare bene. Delle belle ripetute in salita, invero, le ho portate a casa ma per il resto (soprattutto sul lungo di oggi) è meglio stendere un velo pietoso, domani spero di fare meglio. D’altronde va bene anche così e non c’è motivo per compatirsi ulteriormente o cercare sostegno. Comunque, mentre le emozioni iniziano ad avvertirsi, un nuovo progetto arriva all’orizzonte. Già l’anno scorso avevo visto in calendario l’Ultramaratona che si svolge in zona di Macomer, neanche tanto lontana da Sassari, (poche decine di km in linea d’aria verso sud) ci avevo fatto più di un pensierino. L’ipotesi però si è subito allontanata per via delle condizioni pietose con cui avevo finito la Pistoia Abetone, ma quest’anno ci voglio provare. Almeno per dare un senso ad una stagione basata su ritmi lenti e sulla distanza che chissà come mai non mi ha regalato ancora niente di interessante fino ad ora e che spero frutti qualcosa più avanti o l’anno prossimo. Per ora c’è stato solo un ottimo lungo corso sulla distanza della maratona che mi ha pienamente soddisfatto. Così, mentre qualche settimana fa ero indeciso e lasciavo la mia scelta sulla partecipazione alla ultramaratona in questione a qualche settimana dopo l’appuntamento Toscano, ora ho cambiato idea ed ho già deciso: salvo motivi di natura incontrollabile sarò in ogni caso al via della Sardinia Ultramarathon:






Questa decisione viene presa dal fatto che pochi giorni fa è stato dichiarato che Marco Olmo sarà al via. Questo signore, questa leggenda vivente incarna gran parte della mia essenza di ragazzino quando tra i tanti sogni c’è ne era uno che nasceva e che per un grosso periodo era diventato predominante: la Marathon Des Sables. Io, nato e cresciuto con Ambrogio Fogar e il suo “Jonathan: dimensione avventura”, non potevo far altro che vedere nelle esperienze di questo super ultra maratoneta del deserto e non solo, la mia voglia di esplorazione e di ricerca del proprio Io, dell’avventura, delle condizioni estreme! Non c’è bisogno di dire che se unisco il fatto che ho iniziato a correre per poter un giorno partecipare a una grande corsa nel deserto il mio animo mi porta dritto dritto a Macomer. E’ una tappa obbligata di un lungo viaggio. Certo, in questo momento mi sento molto assopito e i sogni sono un po’ fermi anche perché la realtà si fa ogni giorno più strada e mi dice cosa posso o non posso fare ma d’altra parte la fiamma arde e mi dice di aspettare e continuare a seguire l’istinto, di fare alcune esperienze che in futuro, chissà, forse mi serviranno. Dopo aver seguito le avventure di Reinhold Messner, Patrick De Gayardon, di Angelo D’Arrigo, Barbara Brighetti, Carla Perrotti, Manolo, Chantal Mauduit, Mike Horne e tanti altri atleti e personaggi particolari potevo, in quel periodo, solo immaginare la sfida con l’ignoto. Ora anche queste piccole avventure come le ultramaratone mi rendono partecipe delle mie fantasie mentali di ragazzino. Quanta voglia di…
E poi c’è altro per cui andarci, per esserci almeno questa volta: il luogo è incantevole, non basterebbe un post dedicato al suo ambiente naturale per farvi capire che aria si respira e che vista vi assicura quel lato di Sardegna. Ricordo ancora la 21^ corsa verde svoltasi in quella località nel 2009, il suo paesaggio fiabesco e fatato. Una natura talmente bella che il solo attraversarla era un peccato, in quanto bisogna proprio fermarsi a coglierla, ad imprimerla nei sensi. Quindi non vedo l’ora di apprezzare il fresco di quei boschi usciti dalla tastiera di un grande scrittore e lo scenario dei vari paesaggi creati da un grande regista di film fantastici che durante il percorso saranno attraversati da noi semplici uomini un po speciali e sognatori a nostro modo. Ricordi di un giovane ciclista mi torneranno alla mente, pensando che quando avevo finito la mia maratona su 2 ruote da Macomer a Pittinuri (località di mare della Sardegna occidentale), in quel momento mi mancheranno ancora 18km a piedi e ne avrò 21 del giorno prima ancora da smaltire. Penserò alle imprese del grande Calcaterra e di Orrù che l’anno scorso erano presenti e spero ci siano anche quest’anno insieme allo stesso Olmo, magari con il Giorgio Nazionale in veste di concorrente pronto a sfidare i più grandi nomi della Ultramaratona Nazionale. Penserò che probabilmente sono stato un incosciente a parteciparci, anzi lo sarò stato. Se tutto va bene ad ottobre quindi mi aspettano ore di nuraghi, antichi complessi tombali, roverelle, sugherete e lecci. Immerso in quella natura, sembrerà veramente di fare un campionato italiano di Ultratrail? Forse sto andando troppo avanti con i pensieri, meglio per ora pensare ai 13 km di stamattina e mettersi l’anima in pace, tornare un attimo indietro senza viaggiare troppo. L’importante sarà arrivarci e partire, poi si darà sfogo ad ogni pensiero.
Cosa dite? venite a trovarmi? a trovare la nostra Sardegna? a correre per due giorni e assorbire tutto ciò che riporterete a casa? Vi aspetto.



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