
Sono molto molto molto molto molto contento della mia scelta di esser andato a partecipare alla Sardinia Ultramarathon! La prima tappa è stata qualcosa di stupendo! Mentre inizio a scrivere le prime impressioni (ore 17 e 39 di sabato sera) sento ancora il mega pranzo in pancia!! ma questa è solo la conclusione! Al ritrovo delle 9 arriviamo a Macomer e già si vedono le bandierine arancioni che ci guidano presso la Colonia ECA a Monte Sant'Antonio. Qualche km e arriviamo subito. Dei gentilissimi signori dell'organizzazione ci indicano anche il vasto parcheggio realizzato vicino al luogo di ritrovo e partenza. La struttura, invece, è a pochi passi di distanza ed è attrezzata e resa fruibile per fare docce, per i bagni ed etc. Ritiro quindi il pettorale e mi trovo subito a mio agio. Mi sento un po frenetico, l'ambiente mi piace molto e vedere la gioia dei podisti, la loro voglia di essere in quel posto e correre, mi elettrizza ancor di più. La giornata inoltre è perfetta. Un po di aria frizzante, fresca e pura anima ancora di più il buon umore. Tra i tanti amici noti, che ringrazio sempre per i loro saluti, i loro sorrisi e i complimenti su alcuni post del blog, si notano subito i visi di alcuni nuovi volti: subito riconosco Calcaterra, sembra un nuovo iscritto alla Fidal Sardegna, tanta è la sua spensieratezza, in parte titubante, sul da farsi. E' come qualcuno che ha appena iniziato a correre e che farà quel che potrà, pensando a cosa sarebbe meglio, ma senza mettersi pensieri negativi. Alla fine vincerà ^_^. Il suo sorriso quando incontra gli occhi della gente incanta, uomo di grande spessore sportivo e di anni e anni di corse, nasconde dietro i suoi sguardi una ricchezza inestimabile. Lui e la Correale sono proprio un bel quadretto.. sicuramente una luce negli occhi li accomuna. Bisogna guardarli, per capire di che parlo. Olmo, invece, è un vero e proprio uomo-corsa. Mi spiego meglio: se dovessi descrivere una persona votata al correre, sarebbe lui! Alto, magro, scavato dai km e dai paesaggi attraversati con i km. Dal fisico che sembra un fusto d'albero ma dalla pelle e dall'aspetto che ricorda il deserto. Sicuramente ricorda più il deserto che il Monte Bianco!!, ogni suo aspetto (e lo è) sembra adattato agli ambienti ostili. La sua corsa, elastica e ammortizzata, sembra rispettare il terreno su cui spinge i suoi piedi. E' un uomo a cui si deve molto rispetto e che secondo me, quando se ne acquista la fiducia, può regalarti ore e ore di pensieri, riflessioni e storie. Al contrario, Italo Orrù è invece un chiacchierone ed estroverso fin dal primo momento che lo si incontra, nel vero senso della parola: questo è un vero e proprio complimento che gli faccio. E' un uomo dal grande spirito, con una visione della corsa che esce dai consueti schemi. Ama sicuramente la natura, il viaggio, la scoperta.. le persone. Devo ancora capire come ha fatto a digerire i 5000 e passa km della LA-NY, straordinaria avventura che sembra non l'abbia minimamente toccato, anzi, anche se non lo conosco, penso che lo abbia reso ancora più dedito alla sua corsa e a quello che rappresenta. La sua cagnetta Maya, poi, è dolcissima, una vera super ultramaratoneta che ci accompagnerà per i 21km.. ma sa fare ben altro e molto di più. Anche la moglie di Italo è troppo simpatica, le devo 100 euro :)! Forse nelle descrizioni mi potrei sbagliare ma dietro questo tipo di atleti posso sicuramente intravedere con certezza il mondo che ho sempre sognato, i desideri che forse potrò realizzare. Altri grandi interpreti esterni alla nostra Sardegna erano presenti, tra i tanti ho riconosciuto anche Cecilia Mora, l'argento del Mondiale Ultratrail di Connemara. E' una donna incredibile! Ma questo è solo una parte di quello che si percepiva. La gioia dei tanti amici sardi, la soddisfazione per una gara che si preannuncia come un ottimo successo, le battute, il timore dei 60km del giorno dopo, i complimenti reciproci e tutte le altre sfumature dei podisti sardi sono sempre una buona fonte di ricarica per tutte le altre attività della vita quotidiana e descriverle tutte e nominare tutti sarebbe impossibile, dimenticherei sicuramente qualcuno, cosa che non vorrei. Ma passiamo alla gara: Io parto molto tranquillo, davanti tutti vanno via ed io rimango ben presto a metà gara, subito dopo dei dintorni della parte avanzata della corsa che segue i primi super atleti. Ci sono da fare due giri identici che partono in discesa, per poi risalire ben presto passando dall'asfalto allo sterrato. Parte di strada la conosco, l'avevo fatta anche alla corsa verde del 2009. Si sale, il terreno del sentiero composto di ghiaia, terra battuta ed erba inizia a farsi sentire. Tengo sotto controllo il respiro e lascio perdere i dolori che mi vengono alla gamba destra: so che scompariranno. Non ho fatto riscaldamento per una mia particolare scelta e dopo il riposo della settimana appena passata credo sia normale avvertire dei fastidi. Ogni tanto metto il piede male e i muscoli tirano. Devo stare più attento. Tra i tanti ostacoli arriverò fino alla chiesa, alla fine del primo giro e il secondo, come dirò più avanti, sarà più semplice. Boschi fatati dall'ombra mattutina e dai misteriosi giochi di luce mi stancano un po la vista e nonostante le frecce per terra di color arancione, il nastro bianco e rosso a petto d'uomo, lo staff dell'organizzazione che indica la strada giusta da prendere, ho avuto un senso di smarrimento dovuto a tutto quel verde e alla mancanza degli occhiali. Ma non ho mai avuto paura di perdermi, nonostante qualche pezzo di corsa solitaria in mezzo al verde a 360°, anzi, mi sentivo al sicuro in ogni momento. Arrivo ad una discesa in sterrato che ci accompagna verso la chiesa di Sant'Antonio. Prima di arrivare, però, bisogna passare attraverso un altra salita molto infida, che nonostante il mio passo più tranquillo mi mette in affanno. Inizio a pensare di mollare ancora un altro po la velocità, ma finisce d'improvviso dopo un ultima disperata pendenza che non mi dà minimamente il pensiero di camminare, nonostante la sua tenacia. Mi trovo davanti a degli scalini, li avevo visti solo in foto, avevo pensato che avrei dovuto tenermi le gambe, invece mi sembrano fin troppo facili, recupero dal movimento fastidioso della salita in sterrato, ringrazio la scala per quelle decine di gradini molto graditi e vado avanti. Davanti alla chiesa inizia la discesa, saranno almeno 4 o 5 km in asfalto tra il tratto per arrivare all'arco di arrivo e il tratto che dopo il secondo giro ci porta nel punto più basso, per poi risalire e portarci nuovamente verso la chiesa.
Il secondo giro lo farò un po meglio, i dolori son passati, e provo ad accelerare leggermente nella prima discesa in sterrato prima di risalire nel secondo pezzo della salita per Sant'Antonio. Durante questi sentieri troverò anche Mauro con tutti gli appassionati del Nordic Walking. Che vista rilassante e rincuorante. Mi sentivo così bene, vedere quanto eri più veloce di loro che camminavano era un ottima cosa, capivi che non eri fermo. Inoltre tutte quelle persone e bambini tiravano su l'umore, condividevano con tè quel paesaggio così selvaggio, quel sentiero isolato e stretto nel verde. Quella loro calma e gioia, l'ho presa e portata con me. Ritornare a inseguire in solitaria, ad essere padrone del tuo percorso ora sembrava ancor più bello. Le foglie questa volta non mi ostacolano con i loro tranelli, i sassi nascosti mi danno meno problemi, mi vengono pure i dubbi di star andando un po troppo veloce. Continuo così e arrivo alla seconda salita, la più dura. Mi mette in leggera difficoltà, non c'è verso di farla tranquillamente, passa anche questa e salgo i gradini, che trovo sempre semplici rispetto al piano inclinato. Si ritorna sull'asfalto. Qualcuno mi supera e si allontana velocemente. Sto perdendo tantissimo ma continuo con il mio passo leggero e senza mai usare l'altra falcata. Ho paura di rovinarmi le gambe e questa volta ho fatto una promessa a me stesso: devo fare da bravo e fare le gare senza le pazzie che ogni tanto mi diverto a improvvisare. Concludo senza nessuna accelerazione fino all'ultimo metro. Mi incitano pure, io rispondo che tanto oggi devo andare piano. Riceverò una simpatica ramanzina, è stata una scena veramente buffa. Se non sbaglio poi si è dibattuto sul fatto di come non mi scomponessi neanche di un pochino durante gli ultimi metri, senza nessun accenno di accelerazione per gustarmi il traguardo.
Nel frattempo, però, le gambe si sono fatte pesanti e leggermente indolenzite e le mani iniziano ad essere fredde, inizio a riflettere su questo problema in previsione del giorno dopo. Spero di non essere andato troppo veloce. Sono sempre 1h35'50'' (la classifica mi dirà 1h35'01'') e la distanza, a detta del garmin è leggermente inferiore. Forse 20,6k. Sono andato come dovevo, ma il percorso mi ha dato più difficoltà di quello che pensavo. Volevo arrivare ancora con meno problemi, purtroppo devo tornare a casa con degli indolenzimenti che mi renderanno la serata e la nottata non molto tranquilla. Eppure la chiacchierata finale con Salaris, mente lui defaticava ed io finivo la mia gara, dimostra che ero totalmente lucido e con il fiato integro. Speravo che il giorno dopo andasse meglio. La gara infatti mi ha rimesso in moto le gambe e dovrebbero poter recuperare quasi totalmente in quelle poche ore che mi separano dalla 60K. Dopo le belle premiazioni, con buoni premi, si mangia abbondantemente. Sarà un ottimo pranzo! Di più proprio non si poteva chiedere!!!!!!
La sera torno a casa, i muscoli si fanno sentire, la parte sinistra del ginocchio pure, la parte bassa della gamba destra risente di quella mezza scivolata proprio nei primi km. Eppure riesco a tenermi positivo, penso alle strategie del ciclismo che ho usato nelle ultime 3 settimane per allenarmi, devo essere fiducioso per il giorno dopo. Mi sembra strano aver sbagliato. La notte passa, è strana, mi sveglio più volte durante il cuore delle ore notturne, muovo le gambe e sento tutti quei fastidiosi doloretti. Non so come farò a coprire quella distanza. Mi ricordo sempre quello che penso a riguardo del podismo: la corsa rompe, la corsa cura. Mi riaddormento: faccio dei sogni che sono un po angoscianti, mi ritrovo in mezzo al bosco subito dopo la chiesa. Ho la visione un po sfuocata, un po di paura e sento il sapore della distanza, come impotente ne sento il timore, relegato in mezzo a quegli alberi, senza via di uscita. Mi sveglio con un sentimento strano, come dire: i dolori articolari aumenteranno?, forse! Riuscirò a fare quei km? Se non ci riuscirò non mi importa, so anche camminare, male che vada aspetto chiunque ci sia dietro di me. In ogni caso so che oggi dovrei stare meglio. Spesso, il solo muoversi ha migliorato di tanto le condizioni. Io ci voglio essere, non andare a questa 60 km sarebbe come buttare via un anno. Io vado! Voglio vedere quel paesaggio!! Dal momento in cui mi sveglio i timori sono piano piano spariti, l'incubo è diventato un posto in cui tornare e capire che c'era da vedere e cercare più a fondo, perché lo sognavo, il perché di quella zona alberata. Mentre mi dicevo che in quelle condizioni fisiche poteva succedere di tutto, che arrivare sarebbe stato in ogni caso difficile, mi davo forza. Scendere dalla macchina e sentire quell'aria fresca mi aveva già curato. Volevo solo partire!
Nel frattempo, però, le gambe si sono fatte pesanti e leggermente indolenzite e le mani iniziano ad essere fredde, inizio a riflettere su questo problema in previsione del giorno dopo. Spero di non essere andato troppo veloce. Sono sempre 1h35'50'' (la classifica mi dirà 1h35'01'') e la distanza, a detta del garmin è leggermente inferiore. Forse 20,6k. Sono andato come dovevo, ma il percorso mi ha dato più difficoltà di quello che pensavo. Volevo arrivare ancora con meno problemi, purtroppo devo tornare a casa con degli indolenzimenti che mi renderanno la serata e la nottata non molto tranquilla. Eppure la chiacchierata finale con Salaris, mente lui defaticava ed io finivo la mia gara, dimostra che ero totalmente lucido e con il fiato integro. Speravo che il giorno dopo andasse meglio. La gara infatti mi ha rimesso in moto le gambe e dovrebbero poter recuperare quasi totalmente in quelle poche ore che mi separano dalla 60K. Dopo le belle premiazioni, con buoni premi, si mangia abbondantemente. Sarà un ottimo pranzo! Di più proprio non si poteva chiedere!!!!!!
La sera torno a casa, i muscoli si fanno sentire, la parte sinistra del ginocchio pure, la parte bassa della gamba destra risente di quella mezza scivolata proprio nei primi km. Eppure riesco a tenermi positivo, penso alle strategie del ciclismo che ho usato nelle ultime 3 settimane per allenarmi, devo essere fiducioso per il giorno dopo. Mi sembra strano aver sbagliato. La notte passa, è strana, mi sveglio più volte durante il cuore delle ore notturne, muovo le gambe e sento tutti quei fastidiosi doloretti. Non so come farò a coprire quella distanza. Mi ricordo sempre quello che penso a riguardo del podismo: la corsa rompe, la corsa cura. Mi riaddormento: faccio dei sogni che sono un po angoscianti, mi ritrovo in mezzo al bosco subito dopo la chiesa. Ho la visione un po sfuocata, un po di paura e sento il sapore della distanza, come impotente ne sento il timore, relegato in mezzo a quegli alberi, senza via di uscita. Mi sveglio con un sentimento strano, come dire: i dolori articolari aumenteranno?, forse! Riuscirò a fare quei km? Se non ci riuscirò non mi importa, so anche camminare, male che vada aspetto chiunque ci sia dietro di me. In ogni caso so che oggi dovrei stare meglio. Spesso, il solo muoversi ha migliorato di tanto le condizioni. Io ci voglio essere, non andare a questa 60 km sarebbe come buttare via un anno. Io vado! Voglio vedere quel paesaggio!! Dal momento in cui mi sveglio i timori sono piano piano spariti, l'incubo è diventato un posto in cui tornare e capire che c'era da vedere e cercare più a fondo, perché lo sognavo, il perché di quella zona alberata. Mentre mi dicevo che in quelle condizioni fisiche poteva succedere di tutto, che arrivare sarebbe stato in ogni caso difficile, mi davo forza. Scendere dalla macchina e sentire quell'aria fresca mi aveva già curato. Volevo solo partire!
P.S. Ho incontrato Olmo, quel signore che ha influito sui miei sogni di ragazzo, quel signore per cui ho iniziato anche a correre. Le sue corse sono state un grosso contributo nella direzione delle mie scelte. La Marathon des Sables ormai non sò se abbia ancora lo stesso significato nel mio futuro, se è la stessa cosa che mi immaginavo da ragazzino, se sarà importante come mi aspettavo tanti anni fà, se la farò ...una cosa è certa: 3 anni di corsa non sono trascurabili ed hanno portato a delle modifiche, grazie anche a lui ho scoperto la corsa e un piccolissimo assaggio delle lunghe distanze...
Sveglia ore 4:15. Partenza da Sassari ore 5:00. Inizia così la mia giornata della Maratona di Cagliari del 2 ottobre scorso. Devo dire che il viaggio di andata è stato abbastanza veloce, quasi tutto al buio e con la voglia di sonnecchiare che ogni tanto mi faceva chiudere gli occhi. In macchina sono stato anche abbastanza tranquillo. Ripensavo un po alla velocità che avrei potuto tenere. Nei giorni prima pensavo di passare verso 1h e 27-28 alla mezza per poi avere almeno 5 o 6 minuti da gestire. Il mio obiettivo infatti era di scendere sotto le 3 ore. Chi è che non ci pensa? Invece dentro di me, nel profondo volevo tentare ancora di più! In realtà mi sarebbe andato bene fare un passo di 4'05''/km per almeno 21 km o qualcosa in più.. e poi, il caso mi avrebbe guidato. Tutto sommato ero sul pensiero di prendere la gara così come veniva. Avevo guardato un po i tempi, ma senza convinzione. Stavo pensando di fare ogni 10k in 41 minuti, ma anche questa soluzione era troppo schematica, anche se molto appetitosa. L'unica cosa che mi aveva un po esaltato era di aver visto nella lista dei partecipanti il nome di Malfatti Pio. Avevo subito pensato che se l'avessi trovato in gara sarei potuto andare con lui. Ero quasi convinto che siccome volevo cercare di fare lo stesso suo passo delle recenti maratone che aveva disputato, lo avrei trovato tra i podisti più o meno davanti o dietro di me. Nei giorni seguenti anche questo pensiero mi era sfuggito di mente. La notte prima, invece, avevo addirittura sognato una conclusione in 2h e 56. Questo 56 mi era rimasto impresso in mente e non capivo perché. Mah, che fosse un segno? Non ho mai creduto a queste cose, però mi divertiva molto.
Tutti sono animati da una certa allegria e lo spirito di questa 42,195k è anche intriso dalla volontà di correre in una speciale maratona che vede ricordare un bravo ragazzo, lavoratore, podista, marito e padre: è Efisio Deidda, che ci ha lasciato poco tempo fa, la cui prematura scomparsa ha lasciato un segno indelebile tra tutti i suoi parenti, amici e conoscenti. Proprio per questo è stata predisposta anche una staffetta, molto ben organizzata, che ha corso lungo tutto il tragitto, portando con sé l'amore dei parenti e il rispetto e la stima degli amici per Efisio, nonché la sua passione per la corsa.
Poco prima del via ritrovo anche Anna Giunchi, la nostra neolaureata per la terza volta proprio pochi giorni fà. Come sempre è solare e veramente carica!! Mo come è forte questa ragazza!! Non la ferma nessuno!! Siamo praticamente pronti alla partenza!! Con la soddisfazione di non rimpiangere il viaggio mi godo anche lo spettacolo di tutti gli altri sportivi alla partenza: ciclisti, pattinatori, diversamente abili delle categorie T53, T54,T11,T12,T13, T37 e gli handbike. Questo è proprio il trionfo dello sport. Vedere una cosa del genere per la prima volta, anche se a Cagliari, e non in una grande maratona oltremare, mi riempie di fiducia. Mentre assaporo questa atmosfera, con la fortuna di poter essere comodamente a pochi passi da alcuni big presenti, il via ci fa prendere il largo. In pochi km mi ritrovo abbastanza avanti, corro tranquillo, troppo veloce. Il fatto che mi passerà la Mancini e che si porterà alle spalle del gruppo dei sardi davanti a me, mi dice che forse ero sotto i 4'/km. Di conseguenza, piano piano, comincio ad adeguare l'andatura a quello che percepisco, ogni tanto mi avrebbe pur fatto piacere tenere la Mancini a vista, ma era troppo superiore. Un altro gruppo mi raggiunge e presto mi stacca, il loro passo è anch'esso al di là delle mie forze, inoltre ai primi 5km inizio ad ansimare e rallento nuovamente. Non ho il coraggio di guardare l'orologio e mi faccio portare dalla testa che, minuto per minuto, associa sensazioni, respiro e la cifra 42 km al passo da tenere. Devo dire che la strada sarà piuttosto complicata, leggeri dislivelli non rendono certo facile la prima parte di gara e anche tenere la cadenza di qualcuno che mi passa è abbastanza difficoltoso. Più avanti, però, inizio a fare tira e molla con un atleta. In salita lo recupero e in discesa e nelle curve sembra che mi stacchi. Quando la strada inizia a farsi più semplice invece andiamo quasi dello stesso passo e per la prima volta penso che potrei fare qualche km con questo atleta o perlomeno tenerlo a vista. Non ricordo bene quando, ma ad un certo punto mi parla e mi chiede se era la prima volta che correvo una maratona, gli dico di si. In breve, tra una chiacchiera e l'altra, lui mi dice che è alla ventesima maratona disputata in questo anno. Gli chiedo il nome con una certezza già in mente. Mi risponde che si chiama Malfatti Pio. Mi ritorna subito in mente il mio pensiero di trovarlo in gara. Allucinante! Non so se gli abbia fatto molto piacere che l'abbia seguito come un ombra fino a circa il 25° km, ma sembrava abbastanza stimolato anche lui a non farsi tutta la gara da solo. Mi dice che il suo obiettivo, naturalmente, era di scendere sotto le 3 ore e che voleva passare in 1h25-26 alla mezza e poi resistere fino al 30° con quella media, di lì, avremmo potuto anche rallentare. Ogni tanto mi incita anche a lasciarlo nel caso ne avessi avuto di più di lui, ma io gli rispondevo che per ora andava bene così e lo avrei seguito, che stavo andando già per quanto ritenevo possibile. Mi chiede quindi quanto avessi in mezza, al mio 1h e 22 fa un esclamazione e mi fa capire che teoricamente potrei anche accelerare. Gli rispondo che però per me, ancora, una mezza e una maratona erano due mondi diversi. Tra diverse battute arriviamo in 1h 25'32'' alla mezza, esattamente in linea quanto previsto. Correre con qualcuno che segue perfettamente il ritmo è molto interessante e rilassante, mi sono proprio divertito a prendere al volo quest'occasione. Mi sono anche stimolato un po con il pensiero di poter arrivare con lui, ma in breve, siccome ero comunque al limite, avevo avvertito anche la felicità di potermi staccare entro il 25° o 30° e andare con un passo più tranquillo. Sarebbe andata ottimamente anche in questo modo. Purtroppo non mi aspettavo quello che sarebbe successo dopo. Al 25°, infatti, il passo di Malfatti mi diventa insostenibile e con un po di dispiacere mi stacco. Tengo circa 5 o 10 secondi in meno al km e lo seguo a distanza, nel frattempo mi passa anche Tatiana Betta e inizio a sentire una certa pesantezza. Verso il 28° ancora tutto andava quasi bene e vedevo a breve distanza il gruppo di Malfatti e Betta con il suo accompagnatore. Qualcosa cambia ancora e il mio passo sembra quello di una macchina a cui manca la benzina. Sento insostenibile il semplice continuare. Il mio passo da 4' e 30'' – 4'40''/km, che solitamente mi viene semplice, sembra anche esso impossibile, decido di tenere duro fino ad almeno il 30°, km in cui avrei trovato un ristoro. Questo arriva poco prima del cartello, e già in preda a una grossa preoccupazione, mi fermo e bevo tranquillamente 2 bicchieri e mezzo di sali e un po d'acqua. Riparto con il crono che segna qualcosa in meno di 2h e 4'. Cammino fino al cartello dei 30. Durante questa camminata penso che forse potrei anche farcela a stare sotto le 3 ore. Sono 55 minuti e 12km, mancano sopratutto 7km sul lungo mare. Riparto con la corsa, ma le mie leggere convinzioni sono schiacciate dalla realtà. Posso ancora correre ma non c'è la faccio a essere efficace. Intorno al 32° avrò altri problemi, cammino, riparto. Ho un pensiero fisso sul risolvere il problema di arrivare al traguardo. Camminerò almeno 5 o 6 volte. Durante questi km sbucano atleti ancora freschi e qualcuno in difficoltà ma non con la testa che guarda verso il basso come me. Ma non sono sconfitto. Sono in una maratona, non c'è salita. Arriverò anche se a piedi. Eppure 8km mi sembrano infiniti. Non mi spiego neanche come si può volare e poi strisciare. Comunque ritento a correre, in alcune occasioni i bagnanti che lungo la pista ciclabile mi vedevano riprendere a correre si entusiasmano. Percependo il mio stato, sorridevano di gioia e urlavano: dai, dai, bravo!, e applaudivano. Da queste cose si capisce perché Pantani veniva così amato: la gente adora chi non si arrende, chi deve recuperare, chi tenta tutto per arrivare alla meta, chi rovescia i pronostici e parte da una situazione già critica o in svantaggio. Come il caro Marco doveva sempre vincere il giro nelle tappe di salita partendo da uno svantaggio in classifica, io dovevo poter scacciare i demoni e arrivare allo stadio e sopportare il sole sempre più caldo. Ma i 30° non erano poi così fastidiosi, i km non pendenti, le 3 ore non così importanti. Inizio a riprendermi e trovo anche Costanzo e Patrizia che mi correranno affianco. Mi faranno passare velocemente quel tratto di strada. Li sento preoccupati, mi dicono: dai, non mollare!! Per lasciarli tranquilli e correre senza preoccupazioni con la staffetta di Efisio gli dico di non preoccuparsi: io tanto... già arrivo. Che strana cosa che è la corsa. Dopo un po mi dovranno lasciare e mi sento di nuovo solo, con una promessa da mantenere, anche per me stesso. Mi impegno a fare un passo lieve e non andare a forzare. Eppure i km sono lunghissimi, tra una cosa e l'altra il Poetto (la spiaggia di Cagliari) finisce e la crisi aumenta. Negli ultimi 5 km devo fare corse da 6 minuti e camminare per 1 o 2 minuti, verso il 40° non posso fare neanche quello. Controllando chi c'è dietro mi accorgo di una donna che mi raggiunge, cammino almeno per 2 minuti e mi faccio raggiungere, non riesco a stargli dietro e forse non riuscirò neanche a rispondere al suo: Dai! Più tardi, a fine gara, la conoscerò di persona mentre con Anna Giunchi mi passano davanti e si fermeranno a chiacchierare, è Monica Casiraghi. Per fortuna non vedo il cartello del 40°, credendo di dover fare ancora 2 km vedo in lontananza un 41, riuscirò a correre tutto il 42° solo perché è l'ultimo e soffrirò molto negli ultimi 500 metri. Sento le voci dello speaker ma non si entra ancora nello stadio. Finalmente raggiungo quelle persone in fondo, ci sono anche i miei genitori, entro in pista, dobbiamo fare circa un quarto di anello, forse lo corro a 6' o 7'/km. Arrivo quasi camminando e subito mi assale la nausea, come sorpasso il traguardo, non ci riesco a trattenerla e rimetto liquidi, praticamente mi si svuota lo stomaco dall'acqua che avevo. Mi siedo e mi appendono al collo la medaglia. La mia gara è finita.
Di lì a breve avrò anche il piacere di conoscere il grandissimo Calcaterra, poco prima l'avevo incrociato vicino all'ultimo km, riuscendo a trovare delle forze per dirgli: ciao Giorgio!!. Che stupido, come se mi conoscesse!! Ma lui aveva sorriso ed io mi ero distratto per 100 o 200 metri. Mentre mi faccio una foto con lui, scambio qualche parola, che persona, non saprei come descriverlo, è Giorgio Calcaterra.
Invece è più facile descrivere Monica Casiraghi: energetica, parla delle gare sulla distanza di 24 ore come se fosse una semplice questione di testa, vi parlo di chi mi ha superato con una spinta, al 39°-40° km, che sembrava avesse iniziato una gara di dieci km e si trovasse in testa, cercando di tenere margine su chi aveva dietro. Non un segno di stanchezza. Avevo l'impressione che avrebbe avuto voglia di fare una 100km a distanza di circa 20 minuti dalla fine della maratona, gara che sembrasse avesse solo iniziato a riscaldare le sue energie. 

