Ero convinto che quella fosse la prima dinamica e accogliente giornata che potesse essere chiamata tale. Abbandonai senza dubbi, verso quell'atmosfera da tanto tempo inedita, la sicurezza di quell'involucro d'acciaio protettivo e ricco di comodo torpore. I piedi calarono sul suolo di piombo, dirigendomi subito verso il vano con i dispositivi di protezione: guanti modificati, guscio alto-schienale e sensore di pericolo all'affaticamento. Se non avessi conosciuto quel pezzo di mondo tutto concavo e convesso, ricoperto di specie floreali dense di tranelli nascosti tra i loro verdi viticci, non avrei lasciato il mio piccolo mondo portatile nel velivolo.
La squadra iniziò subito i lavori di decontaminazione nei paraggi. Routine, come la mia missione: giro di perlustrazione, recupero dei dati dal terreno, delle fonti liquide che andavano prosciugandosi e stato generale della zona: eventuali anomalie.
Partii subito spedito, con una strana sensazione di vuoto nel corpo. L'aria era respirabile ma rarefatta. Qualche componente atmosferico, che non ricordavo, mi mandò subito in caos i sensi, mi appesantii. Durò qualche minuto, poi il mio metabolismo sistemò la questione. Vagai quasi in maniera automatica nella zona, lungo i percorsi di controllo. Dapprima tutto fu come al solito, ben presto fu evidente che qualche individuo locale si fosse sicuramente spinto fino a queste parti. Probabilmente alla ricerca di fonti pure da cui prelevare. Grandi zampe avevano lasciato solchi di piedi antropomorfi. Mi sarebbe dispiaciuto incontrarne qualcuno. Essi solitamente proseguivano per la loro strada non degnandoti di qualunque attività, frequentemente le loro irrazionali bestie, con cui si accompagnavano, potevano assicurarti ben più di un problema, portando gli individui a divenire aggressivi verso la fonte motivo del nervosismo reciproco-contagioso antropomorfi-bestia.
Sovrappensiero mi lanciai nel vuoto, planando similmente a moto torrentizio lungo le scaglie nuvolose. Le vecchie protezioni anatomiche funzionavano ancora a dovere, sentivo solo dolcemente un massaggio derivante dalle rozze concrezioni, ora sferiche, ora spigolose, che con improbabili getti discendevano verso il basso. Virai ad est e mi introdussi in un canale. Toccai delicatamente il suolo e ritrovai una sorta di vigore. Giocai dapprima con la bassa gravità di quel versante, poi fui sopraffatto dal seguente settore: qualcosa su quel pianeta si divertiva, a sua volta, con i non autoctoni. Quasi come se un'entità si divertisse a mettere a disagio i personaggi scomodi che loro malgrado ci capitassero: per domare dovevi domare. La scalata ruppe le mie certezze e un certo senso di angoscia rimise piede dentro di me. Incubi di altre versioni di quel momento entrarono in me, facendomi vivere universi paralleli nei quali rimasi sconfitto e trascinato sempre e nuovamente alla base di quel flusso incessante e franoso, il quale mi imprigionò in un pozzo di vegetazione verde ora gelido, ora infuocato. Ed ecco che perso nei miei pensieri di sconfitta una bellissima forma vivente dai tratti biondi, rossi e marroni, imponente nelle sue forme e scintillante nella propria purezza e perfezione, si disincantò davanti a me. Non potei fermarmi sull'onda del movimento che mi spinse avanti, quasi guidato dall'influsso metafisico nel quale ero entrato. In un attimo di panico guardai le pareti a ovest, mi sarei buttato? Sarei scappato se la vigorosa bestia mi fosse venuta contro. Quale poteva essere il male minore? Non conoscevo la bestia, non sapevo cosa avrebbe fatto. Un movimento impercettibile della testa e dell'occhio mi incoraggiò ad andare avanti, rallentando, più per ammirare la bestia che per non farli paura. Ero certo che non avrebbe fatto niente. Così fu nel momento in cui passai talmente vicino da toccarla, semplicemente se avessi alzato il braccio per sfiorarle il capo. Non emise un suono, un movimento, un fremito. Ora guardava senz'anima, quasi ipnotizzata, verso il suolo. Dei piccoli fiori accarezzavano la sua bocca prima di essere fagocitati. Passai affianco alla bestia. Qualche momento dopo sorridetti, ebbi coraggio, e continuai senza paura il mio piccolo viaggio. Mi scappò una frase: - mi ha riconosciuto. Non so bene quando, se realmente, ma per un attimo una scintilla ebbe modo di invadere la bestia e la bloccò, o li piazzò un ricordo, o quel che poteva essere, nel suo non evoluto cervello. Rispetto. In seguito sarei tornato ben presto alla macchina, faticando duro per finire l'esplorazione, con momenti di sconforto e altri inganni di quel mondo. Avrei trovato alcune delle creature del posto. Qualcuna richiamò con uno strano rombo basso e borbottico la sua piccola creatura che si era lanciata verso di me, come se fosse stata in preda alla caccia verso un fantasma. Altre le trovai intente a guardare nel vuoto il panorama del loro cielo alieno, con nessuna vita nel loro modo di fare, come ronzanti dentro se stessi e senza modo di esternare. Altri, radunati, entrarono dentro una caverna. Curioso di capire se fosse per la mia vicinanza guardai i loro identici volti: non ci scorsi nessuna sorpresa o manifestazione nei loro vacui occhi in tutt'altro mistero. D'altra parte per loro io forse facevo altrettanto. Mai avrei potuto azzardare un'intenzione di relazione. Arrivai sfinito dalla mancanza di energie, comunque soddisfatto. Oggi due anomalie erano comparse: gli sciocchi umanoidi avevano preso possesso di una nuova porzione del territorio e una bestia mi aveva completamente ignorato. Una bestia mi aveva deliberatamente ignorato?